HAMDUL’ILLAH!

  HAMDUL’ILLAH! La parola araba che più si adatta a questo periodo è Hamdul’illah che vuol dire per grazia di Dio o menomale. Siamo partiti da Sidi Ifni e abbiamo percorso più di mille chilometri verso sud superando il tropico del cancro, da un lato le dune dall’altro l’oceano che si infrangeva con violenza su enormi falesie e spiagge chilometriche. Hamdul’illah.

Per grazia ricevuta direttamente da Dio, Rodrigo non si è spaventato e ha continuato a correre fra le dune di sabbia e gli striminziti cespugli. Sempre dritto verso sud, tout drouit, attraversiamo la zona indipendentista del Sahara occidentale. Una zona abitata da gente che al nostro ritorno abbiamo avuto modo di conoscere meglio. Pescatori e nomadi  saharawi che lottano ogni giorno per studiare e lavorare nella loro terra oppressi duramentre dal governo e dalla polizia marocchina, che ci hanno aiutati e accolti nelle loro case senza chiedere nulla in cambio se non un po’ di tempo o una spaghettata. Hamdulillah.

Hamdul’illah spingendoci sempre più in basso abbiamo superato decine di posti di blocco dove abili scribi traslitteravano i nostri nomi in arabo riempiendo polverosi quadernoni e dove ci tenevano a dirti quant’è forte roberto baggio e che cosa fa adesso che ha smesso di giocare.In mezza giornata siamo riusciti, hamdul’illah a valicare la frontiera marocchina dove i poliziotti e i doganieri facevano i di più e chiedendoci che cosa mai andassimo a fare in mauritania. No, Rodrigo non è in vendita.Hamdul’illah Hamdul’illah Hamdul’illah e per grazia di Walid e dei suoi sgherri, siamo anche riusciti ad attraversare i cinque chilometri di pista minata che dividono il marocco dalla mauritania. Una terra di nessuno non per modo di dire ma per davvero: ci siamo ritrovati all’imbrunire, nel nulla, in mezzo alla sabbia, fra decine di macchine bruciate e abbandonate, con un campo minato su entrambi i lati, e 3 piste, se così le si vuole chiamare, fra le quali scegliere. Tornare indietro? La frontiera marocchina ha chiuso e comunque per ritornare serve il timbro mauritano sul passaporto. Tentare la sorte e scegliere la pista che ci sembra la migliore pala e cuore in mano? Il rischio di passare la notte fra cani randagi e gente di cui non fidarsi è meglio è troppo alto. Hamdul’illa, all’ orizzonte si staglia una mercedes nera a bordo Kabir (anzi Akbar) Walid, un ragazzo che il naso se lo è riattaccato con ago e filo e che il sorriso ce lo aveva ma non perchè gli eravamo simpatici. Al suo fianco uno dei suoi sgherri di 14 anni al massimo, in cannottiera lacoste azzurra che aveva un non so che di bambino-soldato cambogiano. Ci propongono un vero affare. Ma davvero. Perchè in quel momento quei puzzusi 40 euro ci son sembrati niente. Hamdul’illa con Walid al volante di Rodrigo arriviamo alla frontiera mauritana. Paghiamo i “cadeu” alla polizia e andiamo verso Nouadhibou. Dietro di noi la frontiera mauritana e sorridenti poliziotti e doganieri in turbante con indosso i piumini e i pantaloni che gli abbiamo lasciato. Davanti a noi la penisola degli sciacalli, nouadhibou, terra di mauri, nomadi, pescatori e senegalesi.Qualche tempo per riprenderci dalle fatiche, con la volontà di capirne di più della mauritania e di vedere gli animali, decidiamo di visitare il parco nazionale della mauritania, il Parc D’Arguin. Sulla strada incrociamo il treno minerario diretto a Choum, forse il più lungo del mondo sta di fatto che sarà andato avanti cinque minuti, cinque minuti nei quali ci accorgiamo che i freni sono andati, rotti, fottuti, cassè. Altri dieci minuti per essere tutti d’accordo che con i soli freni a motore non saremmo sopravvissuti a lungo e cerchiamo un meccanico. Hamdul’illah ne troviamo uno. Qui i meccanici sono una roulotte riconoscibile dalla scritta “michlin o michlein o miclin” e hanno degli strumenti molto particolari. Dopo ore col sole allo zenit passate a lavorare e a discutere ce ne andiamo felici, La Bas alekum, hamdul’illa, col nostro nuovo freno fatto di un tubicino di rame e con due filtri per il gasolio e soldi scambiati. Direzione ancora una volta Parc D’Arguin. Ma non ci arriveremo mai. Il deserto sa essere cattivo e le dune che si prospettano sul nostro cammino sono troppo alte. Questo è il punto più a sud che abbiamo raggiunto, da adesso è nord, è ritorno. Col dispiacere di non vedere luoghi magnifici e conoscere persone interessanti, col dispiacere anche di non aver raggiunto il Mali, ma in fondo soddisfatti del nostro viaggio torniamo verso nord.Per grazia di Dio siamo riusciti ad arrivare in mauritania. Per grazia di Dio pala in mano siamo riusciti anche a tornare indietro. La luna è quasi piena il cammino è più facile. E’ di nuovo sahara occidentale,

hamdul’illah

LEONE

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