DA SIDI IFNI ALLA MAURITANIA

Sulle lunghe spiaggie di Sidi Ifni conosciamo due tra i più simbolici personaggi del marocco: il gatto e la volpe.Con la scusa di un passaggio a Guelmin, dove vivono con la famiglia, ci portano in un villaggio oasi a qualche chilometro di distanza dove facciamo anche la conoscenza, ovviamente davanti a un the, di “lucignolo” il terzo diabolico personaggio della vicenda; forbito, ottimo conoscitore del francese e con una parlantina ammaliatrice.Il villaggio é davvero grazioso, funziona un rudimentale circuito di irrigazione che si snoda nel villaggio con un geniale sistema di chiuse leonardesche. Alla fine del giro però, come tradizione alpitur vuole ci portano dal “mangiafuoco” quarto ed ultimo personaggio.Mangiafuoco é un commerciante di artigianato saharawi/tuareg grosso come una cassapanca, nero e con delle mani così grosse che devi solo augurarti di non litigare con lui. Non é ben chiaro quale fosse di preciso il suo business; di sicuro va fatta una media tra quello che diceva lui, ovvero che portava la sua mercanzia dal cuore della mauritania facendosi 45 notti di cammello, e quello che alcuni di noi scettici pensavano, ovvero che facesse l’ordine col cellulare al bazaar di Guelmin.Sta di fatto che il suo carisma e tutto il contorno, tra teste di antilopi vasi anneriti e l’immancabile the, condito da racconti del deserto, ci ha ammaliato a tal punto da scucirgli una gran bella cifra per acquistare alcuni oggetti. Oltretutto spinto dalla voglia di immergermi nelle tradizioni locali rimedio un massaggio al ginocchio, vittima di un infortunio rimediato in una partitella sulla spiaggia, con del grasso di balena misto a olio di cammello. Ripartiamo alla volta di tan tan plage dove a notte fonda ci fermiamo in un camping esteriormente principesco ma  che delude un  po’ per il vuoto desolante del suo interno.Il primo contatto con i saharawi non é dei migliori, la sera seguente infatti, dopo aver superato la città fortezza Layounne in cui si palpa la non risoluta questione del Polisario, ci fermiamo a Layounne plage in un parcheggio di un baracchino gestito da un autoctono alcolizzato, i cui sogni di indipendentismo si sono infranti in svariate bottiglie di whisky, e stavolta non berbèr ma original. La sua presenza pedante un po’ ci infastidisce ma la scorza é dura grazie al nostro training nelle peggiori serate milanesi; gentilmente gli auguriamo buonanotte una buona dozzina di volte e ci prepariamo per il giorno dopo quando dopo più di 500km giungiamo nell’ultima città del sahara occidentale: Dakhla.I due giorni nel piacevole albergo ci ricaricano le pile prima dello sforzo finale: la Mauritania.Dopo innumerevoli controlli marocchini ci ritroviamo davanti al nulla, groppo in gola, non so se essere eccitato dalla situazione “wild” o essere preoccupato dallo scenario che ci si para davanti. Una ventina di auto bruciate, un campo fiorito di copertoni abbandonati e un numero indefinito di piste più o meno agibili (e quelle meno agibili sono di gran lunga superiori) che si snodano in  una terra di nessuno corollata da mine. Dopo averne provate un paio, una mercedes nera con a bordo 4 pirati della terraferma ci affianca e ci offre da farci da guida per quei pochi ma interminabili chilometri che ci separano dalla frontiera mauritana. La tentazione di farcela da soli é forte, tanto quanto quella di tornare indietro alla dogana marocchina dato che il sole sta tramontando e rimanere una notte nella terra di nessuno ci sembra un po’ troppo da pazzi. Caliamo le braghe, paghiamo 40 fottuti euri che qui fanno mangiare per 2 settimane, e Walid “nasomozzo” alle redini di rodrigo disegnando uno zig zag tra dune rocce e mine ci guida a destinazione.

Ora siamo davvero in Africa: la pelle color cappuccino con differenti variazioni di colori degli abitanti del maghreb viene sostituita da quella nera degli agenti doganali mauritani. I posti di polizia non  sono altro che lerce baracche di legno e coperte piene di mosche e l’aria che si respira, oltre che satura di sabbia non é delle più rilassate. Abbondiamo forse più del dovuto con regali e propine ed eccitati e un po’ spaesati, con le ultime luci del giorno ci dirigiamo verso la seconda città della repubblica islamica della Mauritania: Noadhibou.

FONCA  

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